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Riflessione: il linguaggio influenza il pensiero?

  • tdjdacosta
  • 11 mar 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Le funzioni superiori dell’encefalo, tra cui anche il linguaggio ed il pensiero, sono oggetto di dibattito da secoli. La relazione anatomo-fisiologica tra pensiero e linguaggio è stata oggetto di studio di una interessante ricerca condotta da un gruppo di ricercatori di Singapore e che sono riusciti a evidenziare come in bambini bilingue (che quindi hanno sviluppato la competenza linguistica maggiormente dei bambini monolingue) venga favorita un maggiore sviluppo cognitivo.

Quando si analizza da un punto di vista neuro-biologico la relazione linguaggio-pensiero è importante ricordare come fu proprio un’idea di grandi neurologi del calibro di Wernicke e Broca, che portò a credere che alcune funzioni superiori specifiche siano in rapporto con determinare aree corticali. Nonostante ciò assegnare funzioni specifiche a singole parti del sistema nervoso centrale sembra costituire un limite in quanto non esiste parte del sistema nervoso che funzioni come una singola ed a sé stante struttura. E’ perciò improbabile che un qualsiasi comportamento complesso, ed in particolare certe funzioni superiori come il pensiero ed il linguaggio, possano mai venire attribuite a singole regioni cerebrali senza considerare i rapporti tra le diverse zone del cervello. Negli ultimi decenni lo studio approfondito delle turbe del linguaggio, grazie anche a tecnologie sempre più specifiche, ha consentito di capire e definire meglio le interazioni tra pensiero e linguaggio. Per esempio, alcuni pazienti afasici non hanno soltanto difficoltà nella comprensione del linguaggio parlato, ma anche nella lettura (afasia di Wernicke), mentre altri pazienti hanno difficoltà ad esprimere i propri pensieri sia in forma scritta che con il linguaggio parlato (afasia di Broca). Quindi, considerare pensiero e linguaggio come realtà a sé non sembra essere corretto ed è fondamentale continuare a considerare l’individuo come un’entità unica dove le diverse competenze sono intrecciate in un complesso sistema.

Lev Vigotsky

Quando si affronta questo tema da un punto di vista della psicologia dello sviluppo si può notare che è tra il sesto stadio del periodo sensomotorio (di Piaget), con la relativa comparsa della capacità di rappresentazione mentale da un lato, e lo stadio preoperatorio con l’imitazione differita, il gioco simbolico e soprattutto l’uso del linguaggio verbale, che il bambino inizia a dare un nome agli oggetti che ha imparato a rappresentare nella sua mente. L’evoluzione dell’umanità, secondo Vygotskji, avviene proprio grazie alla conoscenza die mediatori simbolici (lingua orale e scritta, calcolo, disegno, ecc.) che in un secondo momento nel bambino assumono una funzione intrapsichica trasformandosi gradualmente in linguaggio interiore o pensiero verbale.

La spiegazione del perché il linguaggio serve per la creazione di numerosi tipi di pensieri viene fornita dalla Linguistica di Ferdinand De Saussure (che lui ai tempi aveva definito S

Il Triangolo Semeiotico

emeiotica), che iniziò a insegnare questa materia all'Università di Ginevra nel 1906 con il cosiddetto triangolo semeiotico. Esistono gli alberi (oggetto reale rappresentato, detto referente), l’immagine mentale di albero (significato) ed infine il simbolo usato per rappresentare il significante (la parola “albero”, o significante). Ciascuno dei tre componenti di questo triangolo è indispensabile. La realtà che ci circonda può essere unicamente rappresentata all’interno della mente se è presente grazie alla conoscenza di una lingua. Quindi, il pensiero ha bisogno di «forme» concrete per potersi manifestare. Questo viene anche evidenziato dal fatto che in assenza di una lingua in cui esprimersi la capacità di rappresentazione della realtà risulta essere molto difficile. La conoscenza della lingua sembra, dunque, essere prerequisito essenziale per poter sviluppare il pensiero. Effettivamente Whorf ritenne che il linguaggio influenzasse e determinasse il pensiero. Capire una lingua nuova, secondo Whorf, equivarrebbe a pensare in un modo nuovo. Da questa considerazione segue l’ipotesi di Sapir-Whorf, conosciuta anche come “ipotesi della relatività linguistica”. Questa ipotesi afferma che lo sviluppo cognitivo di ogni individuo viene influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema, questa ipotesi sottolinea che il modo di esprimersi determini il modo di pensare.

In conclusione, la stretta connessione tra linguaggio e pensiero permette di comprendere l’importanza della lingua per poter sviluppare la competenza del pensiero. Risulta altresì fondamentale educare i bambini ed i giovani alla conoscenza della lingua in maniera completa ed esaustiva affinché possa seguire un loro sviluppo cognitivo completo. Meriterebbe una lunga riflessione e probabilmente anche la necessità di ulteriore ricerca la possibilità di educare i bambini con due o tre lingue di estrazione culturale e geografica molto differenti tra loro (lingua latina, lingua araba e lingua orientale, per esempio).

 
 
 
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